Chi sono e, soprattutto, cosa bevono i millennials: la generazione con la maggiore predilezione per il vino in Italia
Il vino rappresenta il 17% dei consumi di bevande in Italia. Un dato cresciuto negli ultimi anni fino a raggiungere un considerevole +12% nel 2019, ulteriormente impennato nelle settimane di lockdown.
Italiani, quindi, non solo sempre più amanti del vino, ma anche più alfabetizzati. Solo fino a meno di una 30ina di anni fa, infatti, il background relativo al vino del pubblico italiano era incentrato quasi esclusivamente su prodotti strettamente locali e sui principali big di settore. All’appello mancava una considerevole fetta di mercato, rappresentata dalle piccole cantine di altre regioni, o semplicemente di altri territori, che venivano quasi esclusivamente consumati nelle zone di pertinenza.
Il punto di svolta arrivato negli ultimi anni, che ha fatto schizzare alle stelle tanto l’indice di consumo quanto la diffusione di vini in ambito extra-regionale, è sintomo di numerosi fattori. Primo tra tutti internet, che ha ampliato la conoscenza della cultura enoica e dei prodotti ad essa correlati.
Secondo, certamente, il prestigio stesso del vino italiano, che ha saputo guadagnare posizioni di rilievo tanto in patria quanto all’estero.
In ultimo, il rilevante ingresso di una nuova generazione, legata a doppio filo all’universo web e, per questo, aperta, curiosa e sempre a caccia di nuovi trend, ma anche ad oggi maggiorenne e con potere d’acquisto indipendente. Parliamo dei millennials, un neologismo molto gettonato, sul quale, però, vige ancora troppa confusione.
In questo articolo
Chi sono i “millennials”
Si tratta della generazione nata a cavallo tra il 1983 e il 2001. Un segmento, com’è facilmente intuibile, molto ampio che racchiude al suo interno sia i testimoni dell’epocale passaggio dal mondo senza internet a quello iperconnesso, che i primissimi “nativi digitali”, cresciuti cioè in una società già totalmente informatizzata.
Una categoria da non confondere con quella dei nati dopo il 2000, con la quale impropriamente i millennials vengono spesso confusi. Tecnicamente, infatti, la Generazione Y (ovvero quella dei Millennials) succede alla cosiddetta Generazione X, cioè dei cosiddetti “Baby Boomer”, e precede la Generazione Z, ossia quella dei nati dal 2000 ad oggi.
Fatta questa premessa, potremmo dire che per “millennials” si definiscono oggi individui dai 20 ai 40 anni soggetti, per questo, ad ulteriori classificazioni in termini sociali, professionali e accademici. Innegabile quanto questa generazione rappresenti uno dei motori trainanti del Paese in termini di consumi, con picchi concentrati su nuovi trend relativi a ricettività, consumo abituale di bevande alcoliche e non, cucina sperimentale, svago, musica e cultura.
Vino e millennials: dati nazionali e regione per regione
Un focus diffuso dall’Istat, relativo a dati del 2018, evidenzia come i consumi di vino dei millennials italiani sia cresciuto esponenzialmente nell’arco di 10 anni, proiettando questa generazione nella fascia dei primi consumatori rispetto a quelle più anziane. Nello specifico, è la fascia tra i 25-34 anni a ricoprire un ruolo trainante, con consumi del 35% su scala nazionale, rispetto al 29% del 2008.
Per avere un paragone, la fascia 55-59 e 60-65, nonostante siano cresciute a loro volta nello stesso periodo di tempo, non riesce complessivamente neanche a sfiorare il medesimo livello di incremento, attestandosi appena sul +10%.
La regione italiana con il maggior indice di penetrazione è l’Emilia Romagna, seguita da Valle d’Aosta, Liguria e Friuli. Più lievi, anche se comunque in ascesa, le differenze nelle regioni del sud, con la Sicilia unica regione a scendere di 3 punti in percentuale. A raggiungere i migliori obiettivi in termini di valore, dove cioè si spende mediamente di più per acquistare vino, troviamo le città di Milano (2,5% della spesa nazionale), Roma (2%), Torino (1,8%).
Cosa bevono i millennials (e quanto spendono)
Perfetto equilibrio tra rossi e bianchi (un rapporto di quasi 50/50) e grande passione anche per le bollicine (Prosecco su tutti), cresciuto del +11% in pochi anni.
Il 55% dei consumatori intervistati da Wine Monitor preferisce bere fuori casa, il 34% dei quali al ristorante, il 27% in enoteca, il 24% al bar (dove la competizione con i superalcolici, specie nelle ore notturne, è più alta).
Si guarda al packaging, alla sostenibilità, alle produzioni biologiche, con particolare predilezione per vitigni autoctoni o a denominazione geografica. Un bere di qualità attestato anche dal prezzo medio d’acquisto, attestato mediamente sui 15 euro a bottiglia e 5 euro a calice (a proposito, sai come calcolare un perfetto wine cost? Ecco due semplici formule per farlo).
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