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Vini alla canapa, arancioni, vegani e biodinamici: quali saranno i nuovi vini italiani di tendenza nel 2020 e quali sono quelli cresciuti maggiormente lo scorso anno.


Il 2019 è stato (quasi) universalmente l’anno dell’ambiente. Un trend che rimbalza di settore in settore e anche in quello dei vini ha iniziato a farsi notare. Crescono, per produzione, esportazione e consumo, i vini vegani, biodinamici e “naturali”, o aromatizzati con superfood come la canapa.

Dagli States, inoltre, arriva una nuova, attesissima, novità: i vini arancioni, che in Italia debutteranno (o meglio, torneranno, come vedremo meglio in seguito) per il Vinitaly 2020.

Allo stesso modo, cresce il consumo di prosecco italiano che, secondo gli esperti, proprio quest’anno potrebbe superare lo champagne, e quello dei vini Low ABV, cioè di bassa gradazione alcolica.

Insomma, tante novità e spunti per aggiornare la propria carta dei vini all’insegna dei prodotti più di tendenza. Ma un buon restaurant manager sa che, per vendere, è necessario saper comunicare il prodotto raccontandolo alla clientela in modo da incuriosirla. Vediamo allora in dettaglio quali sono i nuovi vini di tendenza e le loro caratteristiche.

In questo articolo

Vini vegani: cosa sono e come riconoscerli

Solo fino a un paio di anni fa erano totalmente sconosciuti al pubblico. Oggi, i vini vegani rappresentano una tendenza tale da aver interessato cantine produttrici di grandi vini italiani come il Lambrusco, il Chianti o il Negramaro (fino al prosecco vegano) che hanno iniziato a commercializzarli. Sulla medesima scia è iniziata la sperimentazione di birra vegana e, addirittura, olio.

Paranoia o follia di mercato? Poco importa se è il pubblico a chiederlo e, soprattutto, se non fa male all’ambiente. E i vini vegani rispecchiano entrambe queste caratteristiche.

La loro peculiarità sta, in sostanza, nel non-impiego di coadiuvanti tecnologici derivati da animali (albumina d’uovo, caseina, colla d’ossa o di pesce, gelatina animale) utilizzati nel processo di produzione. Questi ingredienti vengono spesso impiegati come sostanza purificatrici, in grado cioè di donare al vino maggiore limpidezza e un aspetto più “puro”.

Erroneamente si crede che i vini vegani non contengano solfiti ma, non essendo questi di origine animale, possono essere liberamente impiegati nella produzione del vino, così come avviene a norma di legge. Certo è che, solitamente, chi produce vino vegano lo fa perché più sensibile o attento nei confronti di determinate tematiche. Per questo, un vino vegano è spesso anche “naturale”, biologico, organico o biodinamico. Basta leggere l’etichetta.

In merito a questo è importante sapere che la Comunità Europea non prevede un disciplinare sul vino vegano, o controlli di produzione. Pertanto, la dicitura “vegano” sull’etichetta di un vino è facoltativa e liberamente utilizzabile dal produttore. Tuttavia, è possibile riconoscere un vero vino vegano se sull’etichetta è apposto il marchio di un ente di certificazione in grado di attestarlo.

Vini naturali, biologici e biodinamici

Anche nel caso del vino naturale non esiste una vera e propria legislazione o regolamento di produzione unanime. La sua promozione è promossa da una rete di produttori, auto-organizzati secondo un disciplinare interno.

Questo prevede che i vini siano prodotti solo con uve da agricoltura biologica, attraverso la fermentazione spontanea del mosto senza sostanze attivanti (ad eccezione di piccole quantità di anidride solforosa) e senza il ricorso ad altre sostanze invasive.

La differenza tra vini naturali e biologici sta proprio nel processo di produzione, nonostante spesso le due diciture siano correlate, insieme a quella dei vini biodinamici. Questi ultimi rappresentano un’evoluzione del biologico che, oltre a non prevedere l’impiego di pesticidi e sostanze coadiuvanti, rispetta una visione cosiddetta “antroposofica” della coltivazione della vite, con anticrittogamici e concimi di sola origine organica e rispetto per i cicli delle stagioni, delle fasi lunari e dei ritmi della terra.

Vini arancioni: la novità del 2020

Rappresentano una delle più grandi rivelazioni del mercato vinicolo 2020, ma in realtà la loro produzione è plurimillenaria e, da tempi antichissimi, diffusa anche in Italia. Tornati alla ribalta dopo il grande successo ottenuto sul mercato californiano, gli Orange Wines si preparano per un ritorno in Europa in pompa magna, in occasione dell’edizione 2020 del Vinitaly.

Si tratta, in sostanza, di vini bianchi vinificati come rossi, lasciando fermentare il prodotto con le bucce in infusione. Fresco e di bassa acidità, il vino arancione è apprezzato soprattutto per essere un buon vino da tavola, in grado di abbinarsi in modo pregevole con piatti anche molto diversi tra loro.

Anticamente prodotto nel Nord Italia e in Slovenia, dove esiste da anni un “Orange Wine Festival”, il vino arancione costituisce forse la più interessante novità di quest’anno, anche a fronte del fortissimo buzz che ha accompagnato il suo ritorno sul mercato.

Vino aromatizzato alla canapa: un primato tutto italiano

Ha iniziato a diffondersi negli USA con la legalizzazione della cannabis in diversi Stati, ma il suo primato in Europa appartiene ad un’azienda italiana: la marchigiana Cantina Monte Schiavo. Sua è infatti l’intuizione di produrre il primo Verdicchio aromatizzato alla canapa, in collaborazione con un’altra azienda agricola delle Marche, Canapa Verde, che coltiva e commercializza canapa ad uso alimentare.

Il risultato è un vino dagli spiccati sentori arborinati, ideale per accompagnare salumi e formaggi, primi piatti a base di carne o ben strutturati. È però importante sapere che, almeno per la legge italiana, questo prodotto non può essere definito vino, ma “bevanda aromatizzata alla canapa”, che in termini commerciali è qualcosa di molto diverso.

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