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numeri covid ristorazione

A quasi due anni dall’inizio della Pandemia di Coronavirus facciamo un po’ il punto della situazione sullo stato di salute dei ristoranti italiani, attraverso i numeri di report e studi pubblicati dalle principali associazioni di categoria.

Una situazione ancora pesantemente scandita dalle ripercussioni dell’emergenza sanitaria, i cui strascichi potrebbero potrarsi ancora a lungo, stando alle stime degli addetti ai lavori, come la FIPEFincommercio. Dopo una stagione estiva tutto sommato soddisfacente, in cui si è riusciti a lavorare tranquillamente, lo spettro del virus è tornato a far sentire la propria presenza già nel primissimo autunno, con l’insorgere di nuove varianti e nuovi annunci di chiusure forzate per molti Stati europei.

Quello della ristorazione e, più in generale della ricettività, è stato senza dubbio tra i settori più colpiti dall’emergenza. Un evento che, ovviamente, non era possibile prevedere e che, direttamente o indirettamente, ha condizionato il lavoro di oltre 50.000 attività di ristorazione italiane, stando ai dati della stessa FIPE.

In questo articolo

Rapporto Ristorazione Fipe Fincommercio: cosa dicono i numeri

Nella seconda metà del 2020, l’associazione di categoria aveva pubblicato il suo primo report sullo stato di salute della ristorazione italiana. Un bilancio abbastanza drammatico, dettato dalla chiusura forzata delle attività per 70 giorni e dalle ripetute e caotiche zone gialle / rosse a macchia di leopardo, che hanno determinato la perdita di oltre 500mila unità lavorative nel solo biennio 2020 – 2021, a fronte di un incremento di 245mila tra il 2013 e il 2019.

Il 97% delle attività di ristorazione italiane nello stesso periodo ha registrato un calo di fatturato, che per 6 ristoranti su 10 è stato pari o superiore al 50%. Per la stessa percentuale di ristoratori, i fondi messi a disposizione dal Decreto Sostegni e Decreto Rilancio sono stati, a ragione, inefficaci.

Dati che appaiono quasi come un bollettino di guerra, a testimonianza della drammaticità rappresentata dalle stagioni a cavallo tra il 2020 e il 2021 nonostante, già nella seconda metà di quest’ultimo, sia stato possibile intravedere piccoli quanto significativi segnali di ripresa:

  • nel secondo trimestre 2021, l’indice di fatturato delle imprese di ristorazione italiane è tornato a segnare in positivo, con una crescita dell’82,7% rispetto all’anno precedente, equivalente a 6,4 miliardi di euro;
  • nonostante il confronto con lo stesso periodo (aprile – giugno) del 2019 evidenzi un calo di fatturato del 30%, già nel secondo semestre il gap si era ridotto al 15%, grazie alla ripresa estiva. Un trend che lascia auspicare una chiusura annuale del settore pari a 10 miliardi di euro, poco al di sotto delle passate annualità;
  • secondo un’indagine condotta da Bankitalia, ad aprile del 2021 l’80% delle famiglie italiane dichiarava di aver ridotto i propri consumi fuori casa (bar e ristorante) in funzione di quelli a domicilio. Nel settembre dello stesso anno, la percentuale era scesa al 60%.

Alla fine del 2020, l’annunciato rischio chiusura per 50mila attività italiane da parte di Fipe – Fincommercio si tradurrà in circa 23mila effettive serrande abbassate. Comunque troppe, tenendo conto del fatto che sembra unanime il coro di esperti, professionisti e associazioni di categoria che stimano una reale ripresa per il settore non prima del 2023 – 24.

Il Covid ha cambiato la ristorazione

L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni profonde su molteplici mercati, economie e settori, compreso – ovviamente – quello della ristorazione / ricettività. Dalla revisione delle spese gestionali, come food & wine cost, fornitori, menù e dipendenti, a vere e proprie rivoluzioni, come le massicce variazioni di codici ATECO che, nel 2020, hanno rappresentato la diffusione delle cosiddette “dark kitchen”, chiuse alla clientela in presenza e dedicate al catering o alla fornitura professionale.

Ma a cambiare, in particolar modo, sono stati i trend e le preferenze dello stesso pubblico, che ha trovato nel delivery e nel servizio da asporto una nuova abitudine, ormai consolidata. Abitudine che, tuttavia, non è stata in grado, salvo rare eccezioni, di garantire effettiva linfa vitale alle attività del settore.

Il 2020 si è aperto, ovviamente, con un incredibile incremento dei servizi di consegna a domicilio (+77% nel 2020) perfezionato o adottato anche da chi prima di allora non effettuava delivery. Un cambio di rotta obbligato, che tuttavia non è bastato a sostenere concretamente il settore, come dimostrato dalla vera ripresa dei consumi registrata nei mesi estivi, quando finalmente – nonostante l’applicazione del green pass – si è riusciti a tornare in presenza. Ed è proprio sul nuovo super green pass che si gioca ora una la partita che vede coinvolta una nutrita percentuale di popolazione, ancora non vaccinata, esclusa dai locali in questa nuova stagione invernale, iniziata precocemente già ad ottobre a causa delle basse temperature.

L’impatto del green pass sulla ristorazione italiana

Un recente sondaggio redatto da Tni Italia ha visto il coro dei ristoratori tutto sommato favorevole all’introduzione del certificato verde, ma con la richiesta di nuovi fondi per far fronte alle mancate presenza che il super green pass potrebbe determinare durante la stagione invernale. Secondo l’ente di ricerca, l’applicazione della misura, con controlli e sanzioni diffuse per verificare il controllo della clientela, ha già inciso in termini sul fatturato determinando un 40% di incassi in meno dalla sua applicazione ad oggi.

Ovviamente, sul dato ha inciso fortemente la larga presenza di attività senza possibilità di spazi all’aperto, che in questi mesi hanno subito più degli altri le ripercussioni della misura. Un fattore poco democratico, che ha penalizzato in particolar modo le attività dei centri cittadini e, stando ai dati, quelle delle principali metropoli italiane. Roma, Milano, Firenze, Venezia e Torino, infatti, hanno registrato cali di presenze – turistiche e nei ristoranti – anche durante l’ultima stagione estiva, a discapito, invece, del resto del settore.

Resta ora da capire, o meglio, da vedere cosa accadrà con il nuovo certificato verde, che prevede maggiori restrizioni per i non vaccinati.

Un nuovo modo di fare ristorazione

Delivery, asporto, dark kitchen, menù stagionali, presenza online, ingressi contingentati: l’emergenza Covid ha determinato un punto di svolta nella ristorazione globale. Una transizione fatta di pratiche già note ma oggi più virtuose, e di sperimentazioni continue alla ricerca di nuove strade da seguire per dare continuità agli affari.

Ma a dover cambiare non sono solo le strategie per il ristoratore, quanto quelle dell’intero indotto connesso al settore.

Per questo, come fornitori di vini per l’HoReCa, abbiamo impostato il servizio Esploravino in una formula più conveniente, venendo incontro alle principali necessità della nuova ristorazione. Dal servizio di consegna vini in conto vendita, alla formula con reso gratuito di invenduti senza condizioni. Il tutto unito ad un servizio di consulenza specializzata, ad opera di sommelier professionisti, in grado di supportare il cliente nella costruzione di una carta dei vini che fa vendere, sempre equilibrata, in linea con il menù e la clientela del locale.

Il tutto unito ad un servizio opzionale, con dotazione di cantinetta informatizzata, per una rotazione delle bottiglie più attenta e di semplice gestione, e organizzazione di eventi di promozione per incrementare prestigio e affluenza nel locale.

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